Un giovane su tre, il 34,3% del totale, è un potenziale guidatore a rischio. Lo dice uno studio intitolato “Il paradosso del giovane guidatore”, condotto dai professori Anna Maria Giannini e Fabio Lucidi, docenti all’università La Sapienza, illustrato ieri pomeriggio (27 novembre) alla Biblioteca Nazionale di Roma, nell’ambito delle manifestazioni per il 60° anniversario della Polizia Stradale. Si tratta di un progetto molto importante, perché realizzato proprio dalla Polizia Stradale nell’ambito del Progetto Icaro, giunto alla conclusione della sua settima edizione, con 133 città complessivamente coinvolte e 72mila studenti che hanno preso parte alle attività legate alla sicurezza.
Le caratteristiche rilevate dalla ricerca nel cosiddetto “giovane guidatore a rischio” porterebbero spesso a comportamenti definiti pericolosi: l’identikit che emerge dall’analisi parla di un conducente più trasgressivo e maggiormente portato all’errore rispetto agli altri, che finiscono col pagare però il prezzo di questo atteggiamento. Come riconoscerlo? Innanzitutto è uno che percorre uno sacco di chilometri, spesso in ore notturne, è soggetto a guidare in condizioni psicofisiche critiche per stanchezza ed assunzione di alcolici, prende moltissime multe e, ovviamente, vanta un certo numero di incidenti stradali, in media più gravi rispetto a quelli occorsi agli altri conducenti. Eh già, gli altri: ma loro, “gli altri” appunto, come sono?
La ricerca traccia un profilo anche nei loro confronti e per fortuna si tratta di un identikit decisamente più rassicurante: il 37,8% di loro è stato definito “guidatore prudente”, mentre il 27,88 merita addirittura l’etichetta di “guidatore preoccupato/controllato”. Di loro, occorrerebbe parlare a lungo, celebrarne con dovizia di particolari le doti espresse, ma è purtroppo il soggetto a rischio quello che interessa di più e che evolve la propria esperienza con una mistificazione della realtà – ma non siamo affatto sicuri di aver azzeccato il termine – definita dai ricercatori “paradosso del giovane guidatore”: si tratta in sostanza di un vero e proprio fenomeno, secondo il quale ogni volta che un conducente privo di esperienza (background e know-out) sopravvive alle proprie temerarie azioni, cresce dentro di sé la convinzione di essere riuscito ad evitare il peggio grazie alle proprie abilità, o comunque di essere immune (se non immortale) dai rischi.
Via | Asaps